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Collettivo Aurora
Lotta e Unità
Comitati di Appoggio alla Resistenza per il Comunismo (CARC)
(nuovo) Partito Comunista Italiano
Riscossa Proletaria per il comunismo
Fronte Popolare
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martedì 24 settembre 2019


24.09.2019

Conclusioni in merito al fallimento del rafforzamento del Centro clandestino del (n)PCI

Fedeli al motto “i panni sporchi si lavano in famiglia”, il Partito dei CARC e il (n)PCI sembra che abbiano deciso di non sviluppare alcun dibattito in merito alla vicenda a loro accaduta (vedi raccolta in 4 puntate su uniforcom.blogspot.com) e che hanno reso nota al pubblico, tanto che viene da chiedersi perché l’abbiano sbandierata ai quattro venti, se poi non accettano di far fronte ai commenti, alle critiche e alle osservazioni che tale vicenda ha suscitato. Facciamocene una ragione.
Certo non si può affermare che le questioni che tale vicenda ha suscitato siano di interesse esclusivo di quei due partiti, come abbiamo illustrato in più passaggi nelle nostre puntate sul tema; esse sono invece di interesse di tutto il movimento comunista. Quindi per quale ragioni questi due partiti hanno lanciato un sasso per poi ritirare la mano? A nostro avviso la ragione sta nel fatto che gli organi dirigenti di questi due partiti, ma in particolare quella del (n)PCI
1. concepiscono in modo non dialettico il processo di verifica della giustezza della linea, il processo di formazione dei quadri e la lotta tra le due linee;
2. impostano con un metodo piccolo borghese, da setta, le relazioni tra le istanze del partito e del partito con l’esterno.
Quindi quando si trovano di fronte a critiche che smascherano questi errori non hanno altra via che appellarsi alle loro regole interne, alla compartimentazione, al silenzio verso l’esterno imposto anche ai loro diretti. Appellarsi al fatto che si tratta di questioni e dettagli interni è solo un modo per non assumersi le proprie responsabilità. Alla faccia della dichiarazione di voler promuovere un dibattito franco e aperto! D’altra parte il fatto che il (n)PCI non rispetti i principi fondamentali dedotti dall’esperienza del movimento comunista e nemmeno i propri stessi propositi non deve stupire più di tanto, dato che nemmeno rispetta il suo stesso Statuto, che all’articolo 7 dichiara: “[…] fino all’instaurazione del socialismo esso [il (n)PCI] mantiene segreta l’identità dei suoi membri e delle sue organizzazioni” (in La Voce n°34).
In ogni caso noi abbiamo ritenuto che aprire una breccia nel muro di silenzio su questioni di rilevanza generale per tutto il movimento comunista sia un dovere di ogni comunista e di ogni organizzazione o partito che si definisca tale. Se i compagni che hanno seguito anche solo in parte questa vicenda credono che quanto abbiamo mostrato in merito alla condotta di questi due partiti sia contrario ai principi deducibili dalla nostra comune esperienza, allora che dica la sua.


ex membri della carovana del (n)PCI

domenica 15 settembre 2019


15.09.2019


Quarta puntata de Sul fallimento del rafforzamento del Centro clandestino del (n)PCI

Che cosa non va “al di là di ogni ragionevole dubbio”


Rispondere ad una critica con una critica

Entriamo qui nel merito di un altro errore e limite proprio del centro del (n)PCI, ed in particolare del compagno Ulisse, il segretario. Limite ed errore che però si manifesta spesso anche nei vertici delle altre organizzazioni del movimento comunista e specialmente nel “partito gemello” del (n)PCI: il Partito dei CARC.
Esso consiste nel non fornire praticamente mai risposte esaurienti, pertinenti e puntuali alle critiche ricevute. La risposta più comune, quando non è il silenzio, è il ribattere con considerazioni generali e generiche accusando chi critica di non trattare il tema fondamentale della fase politica attuale, ovvero: “quello che dici non è importante perché non riguarda gli aspetti fondamentali del compito dei comunisti nell’attuale fase storica”. Anche questo limite rientra nel rispondere alle critiche con delle critiche che abbiamo già trattato. Ma quello che ci interessa osservare qui è il metodo opportunista che permette a chi è criticato di svicolare dalle proprie responsabilità.
Nell’attività di un partito è naturale che vi siano momenti in cui è necessario affrontare i temi generali, la strategia e momenti in cui vanno affrontate le questioni tattiche, i dettaglio, il metodo di lavoro, gli aspetti organizzativi, ecc. Anzi: solitamente la maggior parte della vita concreta di un partito è fatta di operazioni e manovre tattiche, di dettaglio; ed è proprio in esse che si sperimenta, nel concreto, l’applicazione della strategia, la giustezza delle analisi generali. Rimandare all’infinito la trattazione dei problemi particolari porta inevitabilmente fuori strada, perché il generale vive nel particolare. Questo a maggior ragione se si afferma, come fa il (n)PCI, che l’analisi e la linea generale sono già definite e giuste “al di là di ogni ragionevole dubbio” (sic!).

domenica 8 settembre 2019


09.09.2019

Terza puntata de Sul fallimento del rafforzamento del Centro clandestino del (n)PCI

Prima di tutto una correzione rispetto alla seconda puntata (Ancora sul fallimento…) pubblicata su uniforcom.blogspot.com e diffusa anche a vari compagni della carovana del (n)PCI.
All’inizio affermiamo: “Storicamente vi sono state minoranze che sono uscite dal partito di cui facevano parte (es. i marxisti-leninisti dal PCI). In queste battaglie a volte la sinistra ha vinto (es. Mao Tse-tung nel corso della guerra contro il Giappone), altre volte ha perso (es. la sinistra nel PCI, e nel PCUS, ecc.).” Per chiarezza: Mao Tse-tung e la sinistra del PCI (esclusi quei compagni che poi formarono gli gruppi M-L) e del PCUS non sono tra quelle forze che sono uscite dai rispettivi partiti. Qui, rispetto al vecchio PCI ci si riferiva alla sinistra rappresentata da Secchia e altri. Con questo esempio così corretto vogliamo attirare l’attenzione anche su un aspetto della lotta tra le due linee susseguitasi nel movimento comunista: uscire o non uscire dal partito di cui si è membri non è automaticamente, in quanto tale, una operazione sbagliata: dipende dal contesto storico e dalle condizioni concrete. Non tutti quelli che lasciano il partito sono da considerare dei disertori: i marxisti-leninisti e i m-l-maoisti che uscirono dal PCI, i “massimalisti” come Gramsci che fondarono il PCI “disertando dal PSI. D’altra parte è altrettanto vero che non sempre la mossa giusta da fare è quella di lasciare il partito. Mao Tse-tung, pur finendo in carcere, rimase nel partito e, quando le condizioni lo permisero, dall’interno, lanciò la parola d’ordine “fuoco sul quartier generale”. Quindi il rimanere dentro al partito non significa nemmeno e automaticamente sottostare alla disciplina qualunque cosa accada. Come vedete, è solo l’analisi concreta della situazione concreta che permette di ricavare la linea giusta ed è solo il bilancio dell’esperienza che permette decidere se procedere sulla stessa linea o se correggere il tiro.

venerdì 6 settembre 2019


06.09.2019

A proposito del centralismo democratico e della lotta tra le due linee
Ancora sul fallimento del rafforzamento del centro clandestino del (n)PCI

Un’idea al suo sorgere non è mai fatta propria dalla maggioranza. Affinché un numero crescente di individui faccia propria un’idea è necessario che essa si dimostri utile nella pratica (in senso più ampio, cioè è esperienza pratica anche un’emozione che deriva dall’ascolto di una musica, dalla vista di un film, dall’assaggio di un frutto). Se quell’idea corrisponde all’esperienza concreta allora gli individui la fanno propria.
Per quello che riguarda noi, cioè il movimento comunista, un’idea giusta non lo è banalmente perché logicamente non fa una piega. Un’idea giusta è quella che se applicata porta ad un avanzamento nella lotta della classe operaia contro la borghesia.
Ognuno di voi può tirare fuori decine e decine di esempi in cui nel movimento comunista la sinistra, intendendo con essa quella componente che aveva una visione giusta della situazione concreta e che concepiva una via giusta per farvi fronte, si presentava come una minoranza. Storicamente vi sono state minoranze che sono uscite dal partito di cui facevano parte (es. i marxisti-leninisti dal PCI). In queste battaglie a volte la sinistra ha vinto (es. Mao Tse-tung nel corso della guerra contro il Giappone), altre volte ha perso (es. la sinistra nel PCI, e nel PCUS, ecc.).

mercoledì 4 settembre 2019

Sul fallimento del rafforzamento del Centro del (n)PCI


04.09.2019



Cari compagni, abbiamo deciso di entrare nel merito della vicenda del fallimento del rafforzamento del Centro del (n)PCI non tanto perché ci siamo rivisti, dopo dieci anni, davanti ad una situazione per troppi versi analoga a quella che ci vide direttamente protagonisti allora e quindi riteniamo di avere esperienza per dire cose utili. Quanto piuttosto perché i limiti, gli errori, i difetti che emergono da questo fallimento sono per tanti versi gli stessi di dieci anni fa e non sono, come voi stessi giustamente affermate a proposito del dibattito che state sviluppando al vostro interno, inerenti a beghe, fisime, lamenti personali ma riguardano, invece, problemi più generali del movimento comunista e della lotta in corso per fare dell’Italia un paese socialista.