Passato
e futuro nella lotta per l’unità dei marxisti-leninisti
[Tratto da Scintilla - Ottobre 2014]
Quanto
pesano sui genuini comunisti che desiderano lottare e unirsi su giuste basi, in
contrapposizione con ogni tendenza revisionista e opportunista, i diversi giudizi
sul passato, in particolare sulle prime esperienze di socialismo? Quale ruolo giocano le controversie
ideologiche riguardanti su queste esperienze storiche nel perpetuare le divisioni
e frenare il processo di unità dei comunisti?
Per
dare una risposta a queste domande - senza sminuire di una virgola l’importanza
dei giudizi sul passato - dobbiamo tenere presente ciò che scriveva Marx: “La
rivoluzione sociale del secolo decimonono (la rivoluzione proletaria n.d.r.)
non può trarre la propria poesia dal passato, ma solo dall’avvenire. Non può
cominciare a essere se stessa prima di aver liquidato ogni fede superstiziosa
nel passato. Le precedenti rivoluzioni avevano bisogno di reminiscenze storiche
per farsi delle illusioni sul proprio contenuto. Per prendere coscienza del
proprio contenuto, la rivoluzione del secolo decimonono deve lasciare che i morti
seppelliscano i loro morti. Prima la frase sopraffaceva il contenuto; ora il
contenuto trionfa sulla frase.” (Il diciotto brumaio di Luigi Bonaparte).
Le
parole di Marx scaturiscono da una certezza scientifica: il proletariato, la
classe più rivoluzionaria della società, è la classe a cui appartiene il
futuro. E’ il processo stesso della rivoluzione sociale del proletariato - una
classe che si eleva a classe egemone per abolire tutte le classi - il suo corso
non lineare e rettilineo, i suoi scopi che differiscono radicalmente da tutte
le limitate rivoluzioni del passato, a rovesciare completamente il rapporto
passato-futuro: dal dominio del primo a quello del secondo.
Applicare
questo concetto ai compiti attuali significa che i comunisti, i quali
rappresentano la coscienza e l’avvenire del movimento operaio, non devono farsi
schiacciare dal peso del proprio passato, ma averne coscienza per non ripetere
gli stessi errori.
I
differenti giudizi sui processi storici che abbiamo alle spalle non possono e
non devono bloccare il processo di unità dei sinceri marxisti-leninisti, che a sua
volta non può dipendere dalle disquisizioni sulle vicende storiche.
Se
ci riferisce al medesimo patrimonio teorico, storico e politico, se si
difendono e si valutano positivamente le prime esperienze di edificazione del socialismo
proletario, le loro realizzazioni, se si ha la stessa identità politica e
ideologica e si condanna il rovesciamento della dittatura del proletariato e la
restaurazione del capitalismo avvenuta ad opera dei revisionisti, non è
possibile giustificare una divisione insanabile, di principio, sulla base di
una diversa analisi di taluni processi storici, dei dissonanti giudizi
riguardanti le prime esperienze, i primi tentativi di passaggio alla società
comunista. Il passato serve ai comunisti per apprendere le lezioni della storia,
per affrontare i compiti dell’oggi e del domani, non per mantenere una
separatezza o per dividersi, non per rimanere impigliati nelle diatribe e rendere
impossibile l’avvenire.
Lo
studio, l’analisi e il dibattito – basato sul materialismo storico e condotto
con metodo dialettico - devono continuare in maniera aperta e profonda, traendo
da queste esperienze storiche gli errori, i limiti, le debolezze, le
contraddizioni, le deviazioni, comprendendo fino in fondo le cause della
vittoria della controrivoluzione e della restaurazione del capitalismo, e soprattutto
le lezioni positive, i successi, gli insegnamenti di cui sono ricche quelle
esperienze (e che sono assai più numerosi e rilevanti degli insuccessi), che sono
di enorme importanza per le battaglie rivoluzionarie che abbiamo davanti a noi.
Un
confronto, questo, che deve essere condotto in modo serrato, franco e leale,
legato alle questioni dell’oggi, e in cui la critica proletaria sia sempre accompagnata
dall’autocritica. Cioè dalla consapevolezza che le nostre stesse debolezze, carenze
e limiti hanno costituito una parte del problema, impedendo lo sviluppo della nostra
teoria e rallentando la riorganizzazione del movimento comunista.
Grazie
alla capacità di apprendere dalle proprie sconfitte il proletariato rivoluzionario
può avanzare a livello teorico-pratico, può sviluppare una coscienza critica delle
condizioni della propria definitiva emancipazione.
Dobbiamo
perciò smetterla di essere schiacciati dal peso del nostro passato e delle
vecchie questioni.
Bisogna
unirci sulla base dei principi inseparabili del marxismo-leninismo e dell’internazionalismo
proletario, su un programma politico rivoluzionario.
La
discriminante fondamentale è fra la via rivoluzionaria e la via riformista.
Agire
diversamente vorrebbe dire cadere nel disfattismo, nel dogmatismo, oppure nell’utopismo.
Pietrangeli
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