[Tratto dal sito http://piattaformacomunista.org -
febbraio 2008]
PROGRAMMA D'AZIONE
Introduzione
Il fallimento
dell’attuale sistema economico-sociale è ormai drammaticamente evidente. A
poche decine di anni dal crollo dei sistemi capitalisti-revisionisti al potere
nell’est europeo – falsamente spacciati per socialisti - e dal “trionfo del
libero mercato”, la realtà si è rivelata ben altro che una nuova “età
dell’oro”, così come propagandato dai sostenitori del capitale.
Nonostante l’aumento della ricchezza sociale
prodotta a livello internazionale, i grandi progressi tecnico-scientifici e lo
sviluppo delle forze produttive, le differenze di classe aumentano a dismisura
e la forbice fra un’esigua minoranza di multimilionari e di parassiti e
miliardi di uomini e donne si allarga senza sosta. Gli operai, i proletari,
invece di godere della ricchezza sociale da loro prodotta, vedono peggiorare
ogni giorno di più le loro condizioni di vita e di lavoro, condannati ad essere
sfruttati senza sosta per soddisfare gli appetiti insaziabili dei capitalisti,
privati della prospettiva di una vita decorosa, costretti all’affannosa ricerca
di espedienti per far fronte ad un futuro sempre più nero.
La ragione di fondo
di questa situazione è la seguente: la nostra epoca è l’epoca della crisi
generale e permanente del modo capitalista di produzione. La crisi generale del
capitalismo, colpisce tutte le sfere del sistema sociale borghese (l’economia,
l’ideologia, la politica, la cultura, la morale, il rapporto con la natura,
ecc.) ed è una crisi irrisolvibile all’interno del sistema capitalista. La
nostra società non è dunque un organismo in sé sano, dal quale si deve, al
massimo, estirpare un cancro. Il capitalismo (a livello mondiale) è in sé un
sistema sociale che non più dare niente di buono alla classe operaia ed alle
larghe masse lavoratrici.
La crisi generale del
capitalismo investe in modo ancor più grave ed acuto il nostro paese, a causa
della sua storica debolezza strutturale, della sua natura di paese imperialista
di second’ordine. Il nostro paese è in crisi profonda e regredisce senza soste
e su tutti i piani: la putrefazione dell’imperialismo raggiunge in Italia, in
molteplici campi, le punte più alte fra i paesi capitalistici avanzati.
Tutte le componenti
della borghesia (e non soltanto il capitale monopolistico finanziario, privato
e nella forma di capitalismo monopolistico di stato) manifestano una decadenza
ed una crisi strutturale profonda: la piccola è media industria, nella sua
generalità, non riesce a collocarsi con successo dentro il mercato
“globalizzato”, settori sempre più ampi della piccola borghesia, dei ceti medi
soffrono sempre di più le conseguenze della crisi, e avvicinano i sempre più le loro condizioni di vita
a quelle del proletariato.
I monopoli finanziari
e l’intera borghesia stanno portando avanti un’offensiva generale contro il
proletariato e le masse popolari per assicurarsi i massimi profitti e scaricare
la crisi generale del sistema capitalista sulle masse popolari. Le condizioni
delle masse popolari (non solo dei suoi strati meno favoriti, come i
disoccupati, i cassaintegrati, la stragrande maggioranza dei pensionati, ecc.)
diventano sempre più penose ed insopportabili. Il proletariato urbano e rurale,
in quanto classe centrale nel sistema di produzione, è la classe sociale su cui
in modo più diretto e pesante si concentra l’attacco dei monopoli. La ricerca
ossessiva del massimo profitto determina il peggioramento delle condizioni di
vita e di lavoro delle masse operaie in tutti i suoi aspetti.
Il neoliberismo (e, in subordine il
social-liberismo, un suo derivato) è la politica dominante, dal carattere
brutale ed aggressivo e volta alla liquidazione delle conquiste e dei diritti
della classe operaia e delle masse lavoratrici, che i monopoli finanziari hanno
scelto in questa epoca storica per cercare di salvarsi dalla crisi. Esso ha sostituito a livello
internazionale le politiche “neokeynesiane”, in questa fase storica ritenute
dal capitale inadeguate per la difesa del profitto.
I due “poli”
parlamentari (in realtà un unico
fronte politico, quello della borghesia) portano avanti queste politiche
neoliberali. Esse si contraddistinguono – tra l’altro - per la stretta interconnessione
fra attacco alle condizioni di vita e di lavoro delle masse lavoratrici in
politica interna e le avventure militari e l’aggressione imperialista agli
altri popoli. La borghesia italiana utilizza l’uno o l’altro polo a seconda di
quello fra i due che sa meglio rappresentare i suoi interessi in quanto classe
sfruttatrice, e sa garantire la tenuta del sistema.
Il governo Prodi ha
dimostrato davanti agli occhi della classe operaia la sua profonda natura
borghese ed antiproletaria. Ha rappresentato l’ennesima dimostrazione che non
esiste un governo “amico” dei lavoratori all’interno dell’ordine sociale
capitalistico. Ma non si tratta solo di questo: tutti i tentativi di attenuare
le manifestazioni più feroci del sistema borghese, di mutare in senso meno
penalizzante per i lavoratori le basi dell’imperialismo si sono rivelati
ingannevoli e fallimentari. Gli esperimenti dei governi di centro-sinistra non
hanno prodotto alcuna modifica sostanziale positiva per i lavoratori, ma hanno
lasciato solo più spazio ai capitalisti facendoli diventare più aggressivi. Per
il proletariato persistere sulla via percorsa, magari illudendosi su qualche
“cosa rossa”, servirà soltanto a perpetuare il sistema del proprio
sfruttamento, a veder peggiorare sempre di più la propria condizione.
La borghesia e le sue
variegate ricette (neoliberismo o “neokeynesismo di ritorno”) non offrono
alcuna prospettiva al proletariato, non possono aiutare la classe operaia ed il
popolo italiano a risolvere i loro problemi e migliorare le loro condizioni. Il
solo interesse del capitale è quello di salvare se stesso dalla crisi che esso
ha generato, ed il solo modo che conosce è scaricare il peso della crisi sulle
masse lavoratrici, peggiorare ancora di più le loro condizioni di lavoro e di vita, difendere ad oltranza tutti i suoi
sporchi privilegi.
Esiste una via d’uscita da questa situazione?
Risultato inevitabile
della crisi generale e permanente del sistema imperialista è non soltanto
l’intensificazione e l’acutizzazione allo spasimo di tutte le contraddizioni
irrisolvibili della società capitalista, l’aumento dello sfruttamento, della
miseria, della riduzione delle conquiste, diritti e delle libertà politiche e
civili, il drastico peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro per la
classe operaia e le masse popolari. L’altra faccia della medaglia è il
contestuale ed inevitabile aumento del malcontento
e delle proteste popolari, lo sviluppo continuo del movimento operaio e delle
masse lavoratrici, la lotta fra le classi.
Negli ultimi anni si
sono sviluppate in Italia importanti battaglie operaie, come quella della Fiat
di Melfi e altre. Per noi comunisti
la classe operaia, classe centrale del moderno sistema di produzione, è l’unica
classe sociale che può, conquistando il potere politico, emancipare se stessa e
con ciò risolvere la crisi generale che sta martoriando la nostra società,
realizzare i grandi cambiamenti di cui il nostro popolo ha bisogno. La storia
ha dimostrato che la classe operaia può, dotandosi dei suoi storici strumenti
politici ed organizzativi, sviluppando una giusta politica di accumulazione
delle forze e raccogliendo attorno al suo progetto tutti gli strati sociali
penalizzati dall’imperialismo, sconfiggere i propri sfruttatori ed abolire lo
sfruttamento, la povertà, la miseria materiale e spirituale.
I comunisti sanno benissimo che la crisi che
attanaglia il nostro paese non ha vie di uscita nell’ambito del sistema
capitalista. Devono dire dunque chiaramente dire alla classe operaia qual è la
giusta soluzione per i loro problemi, affermare la necessità della società
socialista. Allo stesso tempo, però non possono limitarsi a ciò. E’ compito dei
comunisti operare in termini di iniziativa politica, portando il socialismo
scientifico nelle lotte quotidiane, indicando alla classe operaia i giusti
obiettivi di lotta, per cercare di ottenere delle vittorie parziali, per aprire
contraddizioni, incrinare stabilità, rompere equilibri all’interno di questo
sistema sociale, imponendo alla borghesia limiti e soluzioni volte a soddisfare
le esigenze vitali degli operai e far divenire il proletariato una forza
politica indipendente. Questa iniziativa politica costituisce per i comunisti
un mezzo fondamentale per l’accumulazione delle forze rivoluzionarie.
La
situazione politica e sociale è oggi caratterizzata dall'applicazione, da parte
dei governi di centrodestra e di centrosinistra, del programma e delle ricette
neoliberiste. L'obiettivo programmatico centrale del movimento operaio oggi, a
livello italiano e internazionale, deve essere dunque lo sviluppo di una
politica di rigetto totale della borghesia capitalistica e della sua attuale
politica e ideologia neoliberista (anche della sua versione di
"sinistra", il social-liberismo):
I comunisti, nel sostenere le rivendicazioni della
classe operaia, devono porre dunque incessantemente la questione della
necessità di avanzare un’alternativa rivoluzionaria di rottura completa e
decisa con le politiche della borghesia per spezzare definitivamente il dominio
dei monopoli, smascherando il ruolo di stampella del sistema capitalistico
ricoperto dai partiti “comunisti” di Giordano e Diliberto, rompendo l’egemonia
liberal-riformista. Una rottura diretta alla
edificazione del solo, vero, altro mondo necessario e possibile: la società
socialista. Questa politica si deve basare sull’unità più larga ed unitaria
possibile, politica e di azione, delle masse sfruttate ed oppresse, per
rilanciare l’iniziativa anticapitalista e rivoluzionaria su tutti i terreni
della lotta di classe.
Rompere definitivamente con il neoliberismo!
In base a questa
“analisi concreta della situazione concreta” della nostra epoca avanziamo
dunque alla classe operaia, alle vaste masse popolari sfruttate, a tutti i
genuini rivoluzionari, il seguente Programma d’Azione, ossia un programma di
alternativa anticapitalistica, antiliberista e rivoluzionaria contenente le
rivendicazioni politiche immediate del proletariato e delle masse lavoratrici
che riteniamo indispensabili in questa fase storica.
Si tratta di un contributo che non intende ne
può essere esaustivo delle mille problematiche e campi di azione in cui si
svolge la lotta fra le classi; è, nella nostra intenzione, un programma di
azione rivolto in modo specifico alla classe operaia ed ai lavoratori avanzati
che, grazie alla discussione ed alla pratica di lotta di classe, potrà essere
arricchito di altri contenuti (così come si potrà metterne in primo piano ora
questo ora quell’aspetto specifico), e gettare così le fondamenta per una
piattaforma generale di lotta anticapitalista, essenziale per il futuro del
movimento operaio.
Con queste parole
d’ordine intendiamo dunque in primo luogo contribuire all’organizzazione degli
operai, sviluppare l’agitazione e la lotta del proletariato, trasformare le
agitazioni da parziali e frammentarie in un’agitazione generale sull’insieme
delle rivendicazioni di classe. Rafforzando la capacità organizzativa del
proletariato e facendolo diventare una forza politica indipendente, sarà possibile anche strappare alla borghesia alcuni
risultati parziali che soddisfino le esigenze più vitali degli operai e di
tutti gli sfruttati.
Queste rivendicazioni
e queste lotte hanno anche una dimensione internazionale. Nelle attuali
condizioni di globalizzazione sempre più sfrenata e dunque di interconnessione
globale, l’attacco neoliberista assume sempre più una connessione
internazionale e colpisce, sostanzialmente sulla base di un unico programma, la
classe operaia dei vari paesi (a capitalismo avanzato come quelli semi
coloniali o in generale arretrati). La reazione e la lotta della classe operaia
deve dunque muoversi sulle stesse direttrici, deve essere caratterizzata
dall’unità di intenti e di azione di tutta la classe operaia a livello
internazionale. Soltanto se la classe operaia saprà dare un respiro
internazionale alle sue lotte, dotarsi di una piattaforma di lotta politica
generale anticapitalista e rivoluzionaria a livello internazionale (quanto meno
europeo), una propria struttura dirigente indipendente, ecc. potrà non solo
resistere con maggiore efficacia e controbattere la politica di divisione e di
ricatto dell’imperialismo, ma la lotta e la mobilitazione e le lotte operaie e
delle masse popolari risulteranno più contundenti e capaci di ottenere vittorie
e prospettive più stabili e durature.
Il programma d’azione
della classe operaia che qui presentiamo contiene quindi rivendicazioni comuni
che riteniamo adatte a favorire la lotta organizzata e l’unione dei lavoratori
di tutti i paesi. Questo programma può essere caratterizzato e sintetizzato al
meglio dalle parole d’ordine:
No alla dittatura del capitale monopolistico!
Operai e lavoratori, tutti insieme contro il capitale!
Il potere alla classe operaia!
e si impernia sui seguenti punti e proposte:
1. Contro l’immiserimento
del proletariato un forte aumento dei salari a spese dei profitti
L’aggravarsi della
crisi capitalistica e la conseguente applicazione delle ricette neoliberiste
volte a rialzare il saggio di profitto sta determinando una situazione di
progressivo ed incessante impoverimento della classe lavoratrice e più in
generale in sempre più larghi strati di massa.
La tendenza del sistema capitalista ad
abbassare il livello medio dei salari si è espressa con forza negli ultimi
anni. I prezzi delle merci sono saliti alle stelle ma le retribuzioni
–nonostante l’aumento della produttività del lavoro- hanno perso costantemente
potere d’acquisto. Anche tirando la cinghia le masse lavoratrici non ce la
fanno ad arrivare alla fine del mese e si impoveriscono sempre più, tanto che
oggi si parla già di terza settimana quale soglia massima di copertura
salariale mensile per milioni di famiglie proletarie.
La borghesia
imperialista, sempre a caccia di nuovi modi per abbassare il livello di vita
della classe operaia, e per proseguire nella sua di politica di sfruttamento
sta cercando di utilizzare ipocritamente il dramma dell’immiserimento delle
fasce popolari (che essa stessa sta determinando) per sferrare un nuovo attacco
alla classe operaia. La nuova ricetta della borghesia è incentrata principalmente
su “più produttività più salario”, ovviamente tramite la contrattazione
decentrata. Ricordando che la decentrata coprirebbe al massimo il 30% dei
lavoratori, è ovvio che con questa manovra si cerca di colpire ulteriormente il
CCNL e dividere i lavoratori.
La classe operaia non
deve cadere in questa trappola. Uomini, donne e giovani che hanno un lavoro, o
che lo stanno cercando, devono avere un reddito che permetta loro di vivere
decorosamente, ma questo non a scapito di un ulteriore abbassamento generale
delle loro condizioni. Dobbiamo perciò lottare uniti per ottenere significativi
aumenti salariali uguali per tutti, basandoci sulle nostre reali esigenze e non
sulle trappole delle “compatibilità economiche” o dei tetti di inflazione. Sono
i profitti e le rendite parassitarie a dover essere sacrificati, non le nostre
buste paga.
Allo stesso tempo il
ripristino della scala mobile per salari e pensioni –per difenderci
dall’inflazione- e l’introduzione di un salario minimo garantito e rivalutato
al 100% per tutto il proletariato, la detassazione del lavoro salariato e
l’introduzione di un’imposta fortemente progressiva sui redditi, sono
rivendicazioni che vanno sostenute con la lotta generale di tutte le categorie.
Più salario a spese di profitto e rendita!
2. Un lavoro regolare per tutti
Milioni di
lavoratori, non soltanto i giovani neoassunti vivono il dramma della precarietà
nel lavoro come nella vita. Questa amara condizione conduce alla fine delle
speranze, delle prospettive di una vita migliore. Il precariato (così come la
disoccupazione) non sono causati dalla classe operaia. E’ il sistema
capitalista che li produce costantemente e li utilizza come mezzo di pressione
sui salari, per peggiorare le condizioni di lavoro, ecc. Per questo dobbiamo
lottare per applicare tutte le misure necessarie alla difesa del posto di
lavoro, respingendo con forza i licenziamenti, la cassa integrazione, le
sospensioni, le esternalizzazioni, le privatizzazioni.
Elemento centrale di
questa battaglia è la lotta al precariato ed alla sottoccupazione che colpisce
oggi milioni di giovani proletari. Dobbiamo rivendicare l’eliminazione del
lavoro nero e del precariato con la trasformazione di tutti i contratti precari
ed irregolari in rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato; la
soppressione di appalti e subappalti, di apprendistato, stage, lavoro a
progetti, a chiamata, a domicilio, ecc. L’abolizione del Pacchetto Treu e della
Legge Biagi sono un obiettivo prioritario in questo senso.
La disoccupazione ed
il precariato non devono essere usati per ricattare i lavoratori occupati e
ridurre le loro paghe. Le istituzioni devono cessare di finanziare le imprese
quando licenziano e devono applicare alle imprese ed agli enti che controllano
il divieto di licenziare. Inoltre, visto che lo stato borghese non riesce ad
assicurare il diritto al lavoro, deve essere introdotto il reddito sociale ai
disoccupati, in modo tale da garantire a tutti i proletari un’esistenza
dignitosa e stroncare i tentativi di divisione degli operai.
Basta col precariato! Un lavoro stabile e
dignitoso per tutti!
3. Limitazione della
giornata lavorativa senza alcuna contropartita
La lotta per la
riduzione della giornata lavorativa rappresenta nelle mani della classe operaia
l’arma con cui combattere, entro il quadro del regime capitalista,
l’oppressione crescente generata dall’aumento della produttività e
dell’intensità del lavoro e porre così un argine alla rovina della vita e della
salute degli operai.
Mentre le centrali
riformiste hanno abbandonato questo storico obiettivo, i capitalisti,
utilizzando il ricatto occupazionale e le “delocalizzazioni”, stanno conducendo
un’offensiva per costringere gli operai ad allungare l’orario di lavoro (v. i
diktat di Bruxelles). In tal modo essi accrescono il plusvalore assoluto e
rialzano il saggio di profitto a spese del proletariato.
Nel capitalismo il
progresso tecnologico non porta all’aumento del tempo libero, ad un
miglioramento delle condizioni lavorative, ma ad una maggiore schiavitù. E’
quindi necessario respingere i piani padronali e rilanciare la battaglia per la
riduzione effettiva dell’orario di lavoro, limitando per legge la settimana
lavorativa a 35 h. ed introducendo il riposo ininterrotto di almeno 48 h, come
primo passo per raggiungere l’obiettivo delle 30 h. Tutto questo senza aumento
della flessibilità (annualizzazione, banca delle ore, ecc.), senza decurtazioni
salariali o delle ferie, senza indennizzi ai padroni, ma con l’aumento degli
organici e la proibizione degli straordinari. Sono altresì da rifiutare
l’introduzione di turni notturni e festivi in tutti i rami produttivi (con la
sola eccezione di quelli in cui sono indispensabili per ragioni tecniche) e di
ogni altra forma che comporti l’aumento dello sfruttamento.
Lavorare meno lavorare tutti!
4. Riduzione dei ritmi e dei carichi di lavoro, aumento delle pause
Negli ultimi
anni, con il pretesto dell’innovazione tecnologica e dell’automazione, le
condizioni di lavoro degli operai sono peggiorate e l’inasprimento dello sfruttamento
è stato eretto a sistema. Sono state introdotte nuove metriche (ad es. il
famigerato TMC2), i ritmi di produzione sono divenuti infernali, i carichi di
lavoro e le mansioni raddoppiati, le pause compresse o abolite.
L’intensificazione
del lavoro operaio serve ai capitalisti per spremere più plusvalore relativo;
di conseguenza lo sfruttamento della forza-lavoro ha subito un’impennata. I
padroni hanno realizzato ciò, rendendo le fabbriche delle caserme in cui
fioccano multe, sospensioni e licenziamenti per chi si ribella o per chi non ce
la fa, mettendo in concorrenza gli operai l’uno con l’altro “per stare sul
mercato”. E invece delle promesse di aumenti di paghe ed assunzioni, è
diminuito insieme al salario anche il numero degli operai occupati.
La lotta a fondo per
difendere il lavoro dalla voracità del capitale è un elemento centrale della
ripresa operaia. Essa non può essere affidata a commissioni miste
padroni-sindacato, ma deve essere gestita direttamente dagli operai, uscendo
dalla ristrettezza dei singoli reparti o fabbriche.
Per questo è
importante che la resistenza proletaria si sviluppi ponendo delle barriere
precise alle cadenze, delimitando l’intensità del lavoro, diminuendo i carichi
di lavoro, ricontrattando le pause per prolungarle, opponendosi alle varie
forme di cottimo e collegando strettamente questi obiettivi alle questioni
degli organici, dell’orario, degli aumenti salariali e della lotta contro la
nocività nei posti di lavoro.
Miglioramento generale ed incondizionato delle
condizioni di lavoro!
5. Stessi diritti economici, politici e sociali per le masse lavoratrici
Per favorire
l’introduzione di misure volte a aumentare lo sfruttamento e subordinarci
sempre più agli interessi del “libero mercato”, il sistema capitalista crea
senza soste un esercito di lavoratori sottopagati, discriminati e senza
diritti, escogita e mantiene divisioni fittizie, moltiplica categorie e livelli
artificiosi, punta a distruggere i contratti nazionali di lavoro ed a
ripristinare le gabbie salariali.
I
capitalisti ed i loro governi, in nome della “competitività” ci vogliono
spezzettare, renderci più deboli e ricattabili. Lo fanno sopprimendo gli
elementi di unità materiale della classe e mettendo in discussione le garanzie
dei lavoratori. Senza parlare dei pregiudizi sociali, nazionali, etnici, di
genere, culturali e politici che la classe dominante alimenta continuamente per
contrapporre gli sfruttati fra loro.
La difesa a spada tratta del CCNL contro ogni
tentativo di ridimensionamento (con la scusa da parte della borghesia di
favorire la contrattazione aziendale), l’eliminazione di tutti quegli strumenti
che la borghesia ha diffuso per dividere gli operai e trarre profitti maggiori,
e l’introduzione della parità normativa, salariale, ecc. fra tutti i
lavoratori, devono essere messi al centro di ogni piattaforma.
Dobbiamo mettere fine alle discriminazioni ed
alle divisioni esistenti fra uomini e donne, lavoratori stabili e precari,
giovani ed anziani, italiani e stranieri; estendere i diritti ai lavoratori
indipendentemente dal tipo di contratto e dalle dimensioni aziendali;
rivendicare la parificazione salariale, la pienezza e l’uguaglianza dei diritti
politici, sindacali e sociali: un’uguaglianza verso l’alto.
L’immediato ritiro
della legge Bossi-Fini, la chiusura dei CPT, la sanzione di pari diritti e la
regolarizzazione di tutti i lavoratori immigrati fanno parte integrante delle
rivendicazioni di classe.
Difendiamo il CCNL! Una sola classe, stessi
diritti!
6. Lotta alla nocività del
lavoro salariato
Un’inevitabile conseguenza del peggioramento
delle condizioni dei lavoratori è l’incremento degli infortuni sul lavoro e il
dilagare delle malattie professionali. Non passa giorno che i proletari non
muoiano nelle officine, nei cantieri, sulle strade per colpa di padroni e
padroncini che per salvaguardare i profitti risparmiano su mezzi e misure di
protezione, oppure a causa della stanchezza, dell’assenza di prevenzione, ecc.
Una delle ultime di queste tragedie è stato il rogo della Thyssen, con la morte
atroce di sette operai. Gli operai ne hanno abbastanza di “lacrime di
coccodrillo” e di parole gettate al vento, non vogliono morire o ammalarsi per
salvaguardare il profitto dei padroni. E’ gravissima l’assenza dalle
piattaforme di quelle rivendicazioni che la classe operaia ha maturato nella
sua dura lotta contro questo aspetto dello sfruttamento capitalistico. La sola
elezione degli RLS, le procedure burocratiche introdotte dalle leggi e
l’assunzione degli ispettori del lavoro non bastano a salvaguardare la salute
operaia. Di fatto i capitalisti sono liberi di adottare, o meno, la sicurezza
in azienda a secondo delle convenienze e pagano raramente ed in maniera
irrisoria per i crimini che compiono. Per i capitalisti l’impunità è la regola.
La medicina preventiva e il controllo
sull’applicazione delle leggi in materia, l’ispezione di fabbrica sulle
condizioni lavorative e la salute degli operai cominciano ad essere effettive
quando sono gli operai a lottare in prima persona e duramente contro la
nocività. E’ necessario imporre nell’ambito delle lotte dirette e di massa
obiettivi che realizzino il diritto alla salute ed alla sicurezza del lavoro,
la predisposizione del documento dei rischi da parte degli RLS e degli operai,
il ripristino del requisito tecnico della “adozione della migliore tecnologia
disponibile sul mercato”, il rifiuto delle lavorazioni pericolose, il
riconoscimento del “pieno potere” del RLS di sospendere il lavoro in caso di
pericolo, l’adozione concreta di severe misure punitive (compresa la
requisizione della fabbrica per non permettere la “chiusura giudiziaria”)
contro i padroni che non rispettano le norme e che sono i responsabili degli
omicidi “bianchi”.
Un lavoro sicuro a spese dei padroni!
7. Sanità, istruzione,
trasporti e pensioni sono diritti sociali dei lavoratori
Nei decenni scorsi la
classe operaia, grazie alle sue lotte ed ai suoi sacrifici, ha contribuito a
creare un sistema di protezione sociale, sanitario ed educativo basato su
principi solidaristici.
Lo smantellamento e la privatizzazione dei
servizi, l’allungamento dell’età lavorativa e la distruzione del sistema
previdenziale pubblico sono stati il ritornello di tutti i governi borghesi
degli ultimi anni. Oggi questo attacco ai diritti viene rafforzato con le
politiche imposte dall’U.E. (v. direttiva Bolkestein). Tutto questo mentre le
spese militari – che portano miseria, povertà e morte agli operai ed ai popoli
oppressi del mondo – e le altre
spese parassitarie e antisociali hanno visto un costante aumento.
Il sistema di protezione sociale si è fin troppo deteriorato e con il
federalismo rischia di collassare. La sanità, l’educazione, i trasporti, non
devono essere merci il cui costo grava sulle spalle delle famiglie proletarie.
Sono invece diritti che devono rispondere a standard quantitativi e qualitativi
ed essere garantiti gratuitamente alla classe che crea l’intera ricchezza
sociale.
Gli operai inoltre,
dopo aver subito condizioni lavorative sempre più pesanti, aspirano ad andare
in pensione dignitosamente prima di essere completamente sfiniti e con un
trattamento dignitoso. Con la nuova controriforma e l’esplosione della
precarietà gli anni di contribuzione non potranno essere l’unico punto di
riferimento per il calcolo, altrimenti si farà la fame. Come hanno espresso con
forza le manifestazioni che si sono succedute negli ultimi tempi in difesa
delle pensioni pubbliche le rivendicazioni del diritto di andare in pensione
senza tagli dopo 35 anni di lavoro, dell’abbassamento a 60 anni come età pensionabile
e dell’80% dell’ultima retribuzione come livello minimo della pensione sono
rivendicazioni basilari e da esigere.
Un sistema di protezione sociale pubblico, più
forte e gratuito per i lavoratori!
8. Nessuna limitazione del
diritto di sciopero, di assemblea, di organizzazione
Per accentuare lo sfruttamento e realizzare la
loro politica antioperaia i gruppi monopolistici devono creare uno stato di
fatto che renda difficile alle masse lavoratrici la lotta per le proprie
esigenze. I governi agevolano e sostengono tale obiettivo, varano a ripetizione
leggi e misure con cui si esprime la volontà della borghesia di rinsaldare il
suo dominio di classe ed impedire l’azione comune degli operai organizzati.
L’attacco all’art. 18
dello Statuto dei lavoratori, con il quale vogliono mettere fuori gioco i
sindacati, in quanto associazioni in cui i lavoratori si organizzano e lottano,
è solo un esempio recente di questa politica, momentaneamente respinto grazie
alla protesta della massa operaia.
La classe operaia deve difendere palmo a palmo i
diritti conquistati con decenni di dure lotte. Agli operai occorre poter
lottare apertamente contro la classe dei capitalisti. Perciò è necessario
mantenere ed estendere gli spazi di democrazia reale, la libertà di riunirsi
liberamente, di discutere, di organizzarsi, di scioperare. Questi diritti
irrinunciabili vanno preservati sia dagli attacchi dei padroni e dello stato,
sia dagli attacchi dei vertici sindacali a loro asserviti. A quest’ultimo
riguardo va ribadito – mettendolo in pratica - il diritto degli operai di
votare su piattaforme ed accordi che li riguardano, di scegliersi liberamente e
revocare i propri rappresentanti, esigendo che i negoziati si sviluppino sotto
il controllo di commissioni operaie e con l’espresso vincolo di non firmare
nulla senza consultare la base operaia.
I diritti politici e sindacali dei lavoratori non si toccano!
9. No alla trasformazione reazionaria dello Stato e della società
La politica seguita dalle classi dominanti capitalistiche per mantenere il
loro potere ed i loro privilegi e continuare a piegare le masse lavoratrici è
oggi caratterizzata dal tentativo di costruzione di un regime autoritario,
anticamera del fascismo. Parallelamente,
con le varie tendenze federaliste e separatiste la borghesia cerca
politicamente di dividere la classe operaia del nord dal resto delle masse
popolari italiane, rendendo più debole l’intero movimento dei lavoratori.
La controriforma della Costituzione, il
referendum elettorale, la creazione di una repubblica presidenziale, lo
svuotamento del parlamento, la "devolution", l’ulteriore
restringimento dei diritti politici, sociali e civili – utilizzando il pretesto
della “guerra al terrorismo” e “l’emergenza sicurezza” - sono altrettanti
aspetti di una svolta reazionaria ed eversiva che punta a sopprimere tutte le
conquiste e le libertà strappate dalla classe operaia con decenni di lotte
accanite. In tale contesto, mentre la borghesia e gli organi dello stato si
auto-assolvono per qualsiasi tipo di reato, mentre le provocazioni fasciste e
razziste proseguono impunite, l’intero arsenale poliziesco e giudiziario viene
rafforzato e utilizzato per criminalizzare e colpire la lotta di classe.
E’ compito della classe operaia spezzare e
sconfiggere il piano reazionario voluto dal grande capitale. A tal fine occorre
battersi per l’abrogazione del codice penale fascista (in primo luogo l’art.
270 del codice Rocco) e della legislazione repressiva approvata con il pretesto
della “lotta al terrorismo” per colpire il movimento operaio e
restringere i diritti e le libertà conquistate dalle masse. Per sbarrare il
passo ai padroni è necessario condurre una lotta ampia e risoluta in difesa ed
il rafforzamento delle conquiste e delle libertà democratiche, politiche e di
organizzazione dei lavoratori, senza però cullarsi nelle illusioni parlamentari
né limitandosi alla difesa della democrazia borghese, ma affermando la
necessità di un’alternativa rivoluzionaria.
Allo stesso tempo, la classe operaia deve
opporsi fermamente ad ogni progetto di federalismo borghese in ogni sua
possibile variante, così come non cedere ai altrettanto pericolosi richiami del
“nazionalismo borghese”, altra faccia del disegno reazionario della borghesia.
Lottiamo contro la trasformazione reazionaria dello stato!
Lottiamo contro la repressione
borghese!
10. I fascisti non hanno diritto di esistere nella Repubblica italiana.
Antifascismo militante!
Dopo lo
"sdoganamento" di Alleanza Nazionale da parte di Berlusconi e la
partecipazione dei neofascisti di Fini al governo della Repubblica, si è
continuamente estesa e intensificata in questi ultimi anni l'ondata di
revisionismo storico che tende a rivalutare vari aspetti del fascismo, a
riabilitare sostanzialmente Mussolini e la Repubblica Sociale ,
e a denigrare ed infangare la
Resistenza.
Si è andati avanti
con un crescendo di menzogne storiche e di attacchi alla guerra partigiana, con
l'intento di svalutarla, di ridimensionarla, di svuotarla di significato come
un fatto di importanza secondaria nel quadro generale della seconda guerra
mondiale. C'è chi ha voluto mostrare «comprensione» per i «ragazzi di Salò»,
mentre i partigiani vengono dipinti - da alcuni libri infami - come dei
delinquenti comuni. La strage nazista delle Fosse Ardeatine viene addebitata ai
gappisti romani che compirono l'azione di guerra di Via Rasella. Le forze di
destra sono arrivate a presentare una proposta di legge - non giunta fino
all'approvazione - per equiparare partigiani e repubblichini come
"belligeranti" tutti ad egual titolo.
Negli stadi e nelle
piazze la teppaglia fascista esibisce impunemente rune, svastiche e croci
celtiche, mentre in varie città d'Italia gruppi di naziskin e di picchiatori,
organizzati da Forza Nuova con la copertura del neofascismo «ufficiale»,
compiono raid squadristici, che si traducono spesso in gravi fatti di sangue.
I fascisti, da sempre
coinvolti nei tentativi di golpe e nelle stragi che hanno insanguinato l'Italia
(grazie anche al ruolo delle basi USA e Nato sul nostro territorio, vere e
proprie centrali di addestramento dell'eversione di destra), sono oggi il
braccio armato di Fini - che si appresta fra qualche mese ad assumere nuove
responsabilità di governo - come lo erano ieri del torturatore di partigiani
Almirante. Il loro ruolo è un ruolo di difesa della borghesia capitalistica, che
li usa quale strumento di potere per la conservazione dei suoi interessi di
classe.
Contro l'ipocrita
«pacificazione» oggi predicata dalle forze di destra, da larga parte della
sinistra parlamentare e da tutte le istituzioni dello Stato, la risposta della
classe operaia e di tutti i lavoratori e democratici italiani dev'essere
fermissima:
Nessuna pacificazione
con il neofascismo! Difesa intransigente della verità storica, contro i
falsificatori della storia! Difesa intransigente della lotta armata partigiana,
in tutti i suoi momenti e aspetti! Chiusura di tutte le sedi neofasciste!
11. No all'offensiva reazionaria del Vaticano!
Dopo l'ascesa di
Joseph Ratzinger al soglio pontificio, si è intensificata un'offensiva a tutto
campo della Chiesa cattolica sul terreno dei valori e della cultura, e sui
cosiddetti «temi eticamente sensibili». Una violenta offensiva reazionaria è
stata scatenata contro il riconoscimento giuridico delle unioni delle coppie di
fatto e di quelle omosessuali, contro la legge 194 che ha sanzionato la libera
scelta delle donne in tema di aborto, contro la libera sperimentazione
scientifica in tema di fecondazione assistita, e su molte altre questioni.
Sotto la presidenza
prima di Ruini e ora di Bagnasco, la Conferenza Episcopale
Italiana si è assunta - di fatto e in misura crescente - il ruolo di terzo ramo
del parlamento italiano, accanto alla Camera dei Deputati e al Senato della
Repubblica. In pratica, il Vaticano «detta l'agenda politica italiana» su tutti
i problemi nei quali la gerarchia cattolica vuole imporre le sue concezioni
retrograde e antiscientifiche, approfittando dell'atteggiamento sostanzialmente
remissivo delle forze politiche della cosiddetta sinistra laica, democratica e
socialdemocratica, e delle stesse istituzioni dello Stato borghese.
Non basta indignarsi
per quella che chiamano l'«ingerenza» della Chiesa cattolica nei problemi dello
Stato, dimenticando che il Vaticano si avvale pienamente - da più di dieci anni
- di quanto gli è stato riconosciuto dall'Accordo craxiano del 1984 (il
cosiddetto nuovo Concordato), il quale dichiara, nel suo art. 1, che la Repubblica italiana e la Santa Sede si impegnano
«alla reciproca collaborazione per la promozione dell'uomo e il bene del paese»
(clausola che nel precedente Concordato del 1929 non esisteva).
Per una scienza ed
una scuola libere da ogni condizionamento
della Chiesa
cattolica e di tutte le confessioni religiose!
Per l’abolizione dei
Concordati e dei Patti Lateranensi!
12. Tutela e riqualificazione dell’ambiente
Surriscaldamento climatico, sconvolgimenti e
sciagure ambientali in ogni parte del globo, utilizzo dissennato delle materie
prime e delle risorse naturali che sta portando al loro tendenziale
esaurimento, città al limite dell’asfissia per l’inquinamento dell’aria, fino
alla “bomba rifiuti” che sta martoriando da mesi le masse popolari campane. Non
siamo di fronte ad eventi naturali o casuali. E’ il modo di produzione
capitalista che sta alterando in maniera sempre più drammatica il rapporto tra
gli esseri umani e la natura, che continua a produrre emergenze ambientali ogni
volta più gravi. La classe operaia e le grandi masse popolari sono le prime
vittime di questa situazione scandalosa: esse abitano e vivono in condizioni
ambientali spesso oltre il limite della tolleranza, sono le prime ad ammalarsi,
a morire per cause ambientali.
La ricerca a tutti i costi del massimo profitto,
pietra fondante della società capitalista, è la causa fondamentale di questi
disastri; la borghesia dunque non può fare altro che lanciare piani di
“risanamento” globali che non possono essere da essa attuati. Le teorie
favorevoli a una politica di “sottosviluppo”, portate avanti da certi settori
della “borghesia illuminata”, ben mettono in evidenza il paradosso del sistema
capitalista: solo la stagnazione economica, con il conseguente peggioramento
delle condizioni di vita delle masse popolari, potrebbe bloccare lo scempio
ambientale.
Il movimento ambientalista ha svolto in questi
anni un importante ruolo di denuncia, sta portanto avanti lotte di grande
portata a salvaguardia dell’ambiente. Il suo limite politico maggiore è stato
quello teorizzare l’esistenza di uno sviluppo economico “compatibile”
all’interno del modo di produzione capitalista, di non collegare dunque, salvo
rari casi, queste mobilitazioni alla più generale lotta contro il sistema
sociale borghese.
La classe operaia deve fare con forza propria la
battaglia contro gli sprechi di risorse e la devastazione ambientale, legando
la lotta dentro la fabbrica con il territorio; occorre lottare contro il
degrado ambientale, le varie forme di inquinamento e per una migliore qualità
della vita, per la riconversione senza contropartite delle aziende altamente inquinanti,
per una produzione organizzata su basi razionali ed ecologicamente compatibili.
Lottiamo per un modello di sviluppo che si basi
sulle reali esigenze delle masse popolari!
13. Ritiro immediato delle
truppe italiane. Via le basi americane dall'Italia! Fuori l'Italia dalla NATO e
dall'Unione Europea.
L’imperialismo
italiano gioca un ruolo di primo piano nella guerra imperialista “permanente”.
La borghesia cerca in questo modo, legandosi al carro USA, di superare la sua
crisi e la sfrenata concorrenza internazionale, ritagliandosi un posticino al
sole.
Questa politica brigantesca all’esterno, per
difendere gli interessi dei monopoli, si lega in modo indissolubile con la
reazione e l’attacco alle condizioni di vita delle masse lavoratrici all’interno
del paese. Essa si traduce per le masse popolari nei tagli ai servizi sociali
(mentre crescono le spese belliche), nella militarizzazione dell’intera
società, nella strisciante liquidazione dei diritti democratici di
associazione, di manifestazione, di informazione, negli attacchi contro i
lavoratori immigrati.
La lotta contro le
aggressioni imperialiste e contro la preparazione di una nuova carneficina
mondiale scatenata dai predoni capitalisti appartiene anzitutto alla classe
operaia. Essa deve indirizzarsi anzitutto contro i governi borghesi del proprio
paese, reclamando il ritiro immediato delle truppe inviate all’estero, lo
smantellamento e la chiusura delle basi militari USA, l’uscita dalle alleanze
belliciste ed imperialiste come la
NATO e l’U.E., per estromettere dal potere i fomentatori
delle guerre. Gli ultimi anni hanno visto la ripresa della lotta popolare su
questi temi e la nascita a livello internazionale ed in Italia di un potente
movimento pacifista che in taluni casi, ma solo debolmente e con molte
contraddizioni, ha assunto caratteri e contenuti chiaramente antimperialisti.
Nonostante gli sforzi e la vastità delle mobilitazioni, questo movimento non ha
registrato successi definitivi e “strategici” ed oggi, nel nostro paese, sta
incontrando in generale - e a parte eccezioni comunque significative (“No Dal
Molin”) - un periodo di crisi di iniziativa.
Questa lotta in
difesa della pace deve necessariamente coniugarsi con il più largo e
complessivo fronte della lotta anticapitalista, con la solidarietà
internazionalista e la difesa del diritto alla resistenza dei popoli che
subiscono le aggressioni imperialiste, l’occupazione neocoloniale ed il
saccheggio dei loro paesi.
No alle avventure imperialiste!
Solidarietà ed appoggio internazionalista ai
popoli in lotta!
Conclusioni
• Proponendo un
Programma d’azione, i marxisti-leninisti intendono sviluppare in modo organico
ed efficace sul piano tattico un’iniziativa politica comunista rispondente alla
situazione storica concreta, ai reali rapporti di forza fra le classi; essi
intendono collegarsi profondamente alle grandi masse operaie e popolari e
sviluppare una mobilitazione ed un più alto livello di organizzazione ed unità
del proletariato accumulando forze in funzione della rivoluzione socialista.
Il nostro scopo non è
“trasformare le lotte economiche in lotte politiche", ma il suo esatto
contrario: legare la politica rivoluzionaria alle lotte quotidiane; servirsi
cioè di ogni lotta immediata, parziale, di ogni obiettivo che agitiamo, per
elevare la coscienza di classe, per propagandare la necessità e la possibilità
del socialismo.
Il Programma che
presentiamo è un programma estremamente concreto, che non si pone sul piano
delle promesse, che non rappresenta il “libro dei sogni”. Pur non essendo, alla
luce degli attuali rapporti di forza, immediatamente realizzabile, risponde ad
una tattica che porta a spostare le larghe masse su nuove posizioni, più
avanzate, rende comprensibile al proletariato che è possibile trasformare la
realtà, prepara ed avvicina il raggiungimento dell’obiettivo strategico: il
superamento dialettico e storico del modo di produzione capitalista.
• Noi presentiamo
questo programma ai proletari ed ai lavoratori sfruttati ed oppressi dicendo
chiaramente che i problemi fondamentali che affliggono i lavoratori non sono
risolvibili entro il sistema capitalistico, ma solo con il suo abbattimento
rivoluzionario. Questo Programma d’azione si inscrive all’interno della
prospettiva strategica che possiamo racchiudere nella parola d’ordine del
“Governo Operaio”. La proposta del “Governo Operaio” non ha per noi il
significato di una fase reale di sviluppo storico oggi immediatamente
concretizzabile. E’ però la prospettiva storica, strategica che avanziamo fin
da oggi alla classe operaia come necessario ed inevitabile approdo della lotta
di classe del proletariato, un governo che sia risultato del processo di lotta
anticapitalista e che serva da immediato preludio alla rivoluzione proletaria e
all’edificazione dello stato socialista di dittatura del proletariato.
• Da molti anni si è
sviluppata in Italia tutta una serie di movimenti – frammentati e divisi - che
hanno condotto la loro azione sul terreno delle lotte democratiche,
ambientaliste, pacifiste e di solidarietà con le lotte di liberazione dei
popoli.
Noi comunisti non
neghiamo l'importanza di questi movimenti e i risultati parziali che - in
taluni casi - essi hanno ottenuto. Ma il «movimentismo» ha dimostrato anche i
suoi limiti e, alla lunga, la sua mancanza di prospettive.
Come comunisti, noi
pensiamo che l'agitazione di un programma di rivendicazioni parziali ed
immediate, come quelle che qui proponiamo e che dovranno condursi in primo
luogo nelle fabbriche e nei luoghi di lavoro, debba trovare il suo momento
unificante nella parola d'ordine del Fronte
unico proletario.
Esso dovrà tendere ad
essere un fronte unico organizzato, cioè a fondarsi sopra degli organismi di
massa stabili e permanenti, i Comitati
di Fronte unico, intorno ai quali possano raccogliersi gli operai e i
lavoratori per il coordinamento e lo sviluppo di tutte le lotte
anticapitalistiche che si estenderanno e si intensificheranno nel prossimo
futuro. Questi comitati debbono essere intesi come organi di unità di tutti i
lavoratori e gli sfruttati, mobilitati
sia per lotte di carattere immediato, sia per azioni politiche di portata più
generale.
I comunisti dovranno
svolgere, all'interno di questi organismi, opera di orientamento e di
direzione, presentandosi sempre come i fautori dell'unità della classe operaia
e di tutti gli strati sociali sfruttati e oppressi dal capitale, e chiarendo
costantemente alle masse lavoratrici che solo la trasformazione delle loro
lotte in un unico movimento
rivoluzionario per l'abbattimento del capitale potrà
portare alla loro liberazione in una società socialista.
• La classe operaia,
affinché le sue lotte quotidiane e i suoi obiettivi storici abbiano vere e
durature possibilità e prospettive di vittoria, deve avere alla sua testa la
propria organizzazione politica indipendente. Primo dovere dei comunisti è
dunque anzitutto quello di sviluppare la coscienza di classe del proletariato,
di indicare la necessità prioritaria della soluzione di quello che è oggi, per
la classe operaia e per il movimento comunista, il problema più importante,
quello che assicura la risoluzione di tutti gli altri: la ricostruzione del partito comunista, fondamentale strumento di
lotta della classe operaia.
Il lavoro strategico
per la ricostruzione del partito e quello di agitazione e mobilitazione
politica per sviluppare l’organizzazione della classe ed attuare il Programma
d’azione sono per i comunisti due terreni di lotta necessariamente inscindibili
ed interdipendenti.
Auspichiamo quindi
che questo programma contribuisca in modo rilevante anche ad una maggiore unità
fra le forze autenticamente comuniste, lungo l’arduo e complesso percorso per
la ricostruzione di un forte Partito comunista nel nostro paese.
In conclusione: Facciamo oggi appello ai sinceri
comunisti, ai lavoratori d’avanguardia, alla classe operaia ed alle masse
popolari affinché essi facciano proprio questo Programma d’azione, lo
considerino un utile contributo - suscettibile di ulteriore elaborazione - allo
sviluppo della loro azione rivoluzionaria, lo mettano in pratica e lo arricchiscano
sulla base della loro esperienza.
Febbraio 2008 Piattaforma
Comunista
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