[Comunicato diffuso via e-mail in aprile 2011]
Progetto per l’Unità dei Comunisti
Presentazione e note per
il dibattito - Aprile 2011
La crisi attuale
Il mondo è
sconvolto da una crisi economica che si va via via approfondendo ed estendendo
ad ogni ambito della società. Dai crolli finanziari allo smantellamento e
sconvolgimento dei processi di produzione, dalle crisi politiche dei vari paesi
e delle relazioni internazionali alle crisi ideologiche e culturali. Ovunque avanza
la guerra, la miseria, la distruzione e la morte per gran parte delle masse
popolari; mentre una ristretta fetta dell’umanità vive nel lusso e nello
spreco.
Ma il mondo è
sconvolto anche da rivolte sempre più estese e profonde delle masse popolari. Praticamente
in ogni parte del pianeta gli equilibri su cui si sono retti fino a ieri gli
ordinamenti sociali esistenti si sono rotti. Nessuna classe sociale può
continuare a vivere come è vissuta fino ad oggi, in particolare le classi
sfruttate e oppresse sono costrette a trovare, anche con la forza, una via
d’uscita dal progressivo peggioramento delle condizioni materiali, intellettuali
e morali, di progressivo abbrutimento a cui
l’ordinamento sociale dominante le costringe. Ma nemmeno la borghesia può dirigere
la società come ha fatto fino ad oggi. La lotta al suo interno e soprattutto la
sua lotta per tenere sottomesse le masse popolari le impongono di adottare
misure diverse, più “estreme” per difendere i suoi interessi.
In sintesi il
mondo è sconvolto da una grande crisi generale da cui usciremo solo con uno
sconvolgimento altrettanto generale dei rapporti sociali esistenti. Esistono di
fatto due strade possibili.
1. La borghesia, per mezzo di guerre, saccheggi e distruzioni riesce ad eliminare
una sufficiente quantità di capitale in eccesso; riesce ad imporre alle masse
popolari sacrifici ben più gravi di quelli che già oggi impone e “rilancia”
così l’economia verso un nuovo e rafforzato saccheggio. Per questa via ci
troveremo in pochi anni al punto di partenza, con alle spalle un’era di lacrime
e sangue subita dalle masse popolari di tutto il mondo.
2.
Il proletariato riesce a
strappare la direzione della società alla borghesia ed impone un nuovo
ordinamento sociale mirato al soddisfacimento
dei bisogno dell’uomo e alla salvaguardia del pianeta.
In definitiva
queste sono le due vie possibili. Il fatto che prevalga la prima o la seconda
dipende dallo sviluppo della lotta di classe e dai passi avanti che le masse
popolari, il proletariato e la classe operaia faranno, imparando
dall’esperienza passata e trovando la via per imporre un ordinamento sociale
che soddisfi gli interessi della stragrande maggioranza della popolazione.
Questa crisi
generale non cesserà da sola, spontaneamente. Che il corso delle cose imbocchi
l’una o l’altra via dipende in definitiva dallo sviluppo della lotta di classe
e quindi dalle scelte delle forze in campo.
Questa crisi non
è determinata dall’impossibilità oggettiva
di produrre tutto ciò che serve all’umanità per vivere dignitosamente nel
rispetto dello stesso pianeta: le conoscenze e le risorse necessarie a questo
scopo ci sono in abbondanza e applicabili in ogni paese del mondo. Il problema
è che nell’ambito della società capitalista, sotto la direzione della borghesia
(due aspetti inscindibili) ogni attività produttiva e di trasformazione della
realtà viene messa in campo se e solo se il capitalista, proprietario dei mezzi
di produzione, ne ricava un profitto adeguato al capitale che ha investito.
Alla crisi
attuale si è giunti a causa di una sovrapproduzione di capitale (in tutte le
forme in cui esso si presenta: capitale finanziario, produttivo o merce): il
capitale complessivamente esistente è di entità tale che se il plusvalore da
esso estorto venisse tutto reinvestito nel processo produttivo non produrrebbe
un profitto adeguato. La crisi generale è determinata infatti
dall’impossibilità per i capitalisti di estrarre plusvalore in misura adeguata
al capitale investito, cioè in misura tale che sia per loro conveniente
continuare ad investirlo in cicli produttivi successivi.
Si è giunti a
questa situazione non perché (come affermano alcuni) la popolazione mondiale
“pretende” di consumare troppo, non perché al mondo esistono uomini buoni e
onesti e uomini cattivi ed egoisti, bensì perché il meccanismo economico su cui
si basa il funzionamento della società ha come fine ultimo la valorizzazione
del capitale e non il soddisfacimento dei bisogni dell’uomo.
La valorizzazione del capitale è produzione di nuovo capitale che a sua
volta deve valorizzarsi: un processo che non può portare ad altro che alla
sovrapproduzione e quindi al ricorso alla distruzione di una parte sufficiente
di quello che si è prodotto per poter ricominciare daccapo: un cane che si
morde la coda.
La crisi e le masse popolari
Gli effetti che
questa crisi ha per le masse popolari sono sotto gli occhi di tutti:
disoccupazione, debiti, miseria, fame, immigrazione forzata, guerra e morte. I
dati sulle condizioni di vita e di lavoro delle masse dimostrano ampliamente
quanto l’analisi sintetica della crisi attuale che abbiamo qui sopra esposto
sia un’analisi coerente, non a caso ormai condivisa, nei termini generali, non
solo da tutto il movimento comunista, anticapitalista, antagonista, ecc. ma
anche da una crescente fetta di economisti borghesi o comunque non certo rivoluzionari.
L’analisi delle
condizioni delle masse e delle sue trasformazioni resta quindi un elemento
fondamentale per comprendere lo sviluppo che esso può avere e la spinta
positiva che noi comunisti possiamo imprimervi.
Le masse
resistono come meglio possono alla crisi del sistema capitalista, si organizzano
e lottano per ostacolare o rallentare i suoi effetti peggiori, ma l’unica
soluzione efficace e duratura ai loro problemi è il superamento del sistema
capitalista stesso.
Le lotte che le
masse popolari stanno conducendo in varie parti del mondo sono importanti
perché rallentano il processo di distruzione delle condizioni di vita che esse
hanno conquistato nel passato; insegnano alle masse che è possibile opporsi ai
loro sfruttatori e mostrano alle masse che la loro possibilità di vittoria sta
nella loro stessa unione contro il nemico comune. Ma queste lotte sono ancora
sporadiche, isolate, in molti casi poco efficaci e dai successi instabili.
Per diventare
efficaci e dai successi duraturi le lotte delle masse popolari devono
svilupparsi come vero e proprio processo che rivoluziona lo stato presente
delle cose, ovvero che abbatte il sistema capitalista e ne costruisce uno fondato sul soddisfacimento dei
bisogni delle masse stesse.
Un processo
rivoluzionario di questo tipo necessita di una direzione cosciente e
organizzata quale lo è stata nel recente passato il movimento comunista. Chiunque
si ponga l’obiettivo di cambiare lo stato presente delle cose nell’interesse
delle masse popolari, può ricavare insegnamenti importanti sia dai successi che
dalle sconfitte di quell’esperienza.
Il ruolo dei comunisti
In ogni parte del
mondo le masse popolari, i lavoratori, la classe operaia lottano per resistere
alla crisi e ai suoi effetti devastanti, ma alla loro guida raramente troviamo
i comunisti, come invece lo sono stati in gran parte del secolo scorso.
Il movimento
comunista si è formato dalla stessa spinta propulsiva delle masse, si è
costituito come avanguardia cosciente del movimento delle masse non solo per
l’abbattimento dell’ordinamento sociale capitalista, ma anche per
l’instaurazione di un nuovo ordinamento sociale: il socialismo e quindi il comunismo.
Il movimento
comunista è quindi quel movimento cosciente e organizzato, strettamente legato
alle masse e per questo in grado di guidarle nella loro lotta per emanciparsi
dallo sfruttamento della borghesia, abbattere il suo sistema ingiusto e
distruttivo e costruire il nuovo mondo.
Nella sua lunga
lotta il movimento comunista ha ottenuto grandi successi e subito grandi sconfitte, proprio come è avvenuto per ogni grande
movimento rivoluzionario della storia. Attualmente il movimento comunista nel
suo complesso si trova in uno stato di arretratezza storica da cui deve riemergere.
I segnali della sua ripresa ci sono, ma siamo solo agli inizi.
Il movimento
comunista attuale è anche espressione della condizione delle masse popolari
stesse: è frammentato e isolato; nonostante i grandi successi da esso ottenuti
fino a 40 anni fa, oggi esso è debole ed inefficace. La stessa mancanza di
legame con le masse di cui la maggior parte dei partiti e delle organizzazioni
del movimento comunista oggi soffre è un ostacolo al superamento dei limiti
ideologici e quindi organizzativi dei comunisti. L’isolamento del movimento
comunista dalle masse impedisce che esso tragga dalle loro lotte i giusti
insegnamenti per divenire ancora una volta capace di assumerne la direzione, di
trasformare il movimento di resistenza e rivendicativo, che pure si va
sviluppando in tutto il mondo, in un movimento rivoluzionario.
Tra le cause
principali di questo stato del movimento comunista c’è il livello raggiunto
dalla sua coscienza: è all’altezza dei problemi e dei compiti che la realtà
pone di fronte ad esso? Stante il suo livello di sviluppo minimo e il suo legame
limitato con le masse, la risposta è no.
Il superamento di
questo limite non avverrà perché qualche mente “geniale” o illuminata scoprirà
la ricetta magica. Avverrà invece attraverso un processo di unità e di lotta,
di sintesi in unità superiore a cui ogni comunista, ogni organizzazione e ogni
partito è chiamato a partecipare.
È necessario uno
sforzo soggettivo, cosciente da parte di ogni componente del movimento
comunista per unirsi in un’unica forza organizzata, in un unico partito
comunista che sia insieme strumento di elaborazione
teorica, strumento di organizzazione e strumento di lotta.
Ancora oggi le
divisioni interne al movimento comunista riguardano aspetti specifici della
concezione del mondo, del ruolo dei comunisti stessi e della via rivoluzionaria.
Indubbiamente esistono teorie giuste e teorie sbagliate; teorie che se poste
alla testa delle lotte delle masse popolari portano esse alla vittoria o alla
sconfitta. La lotta ideologica tra le varie componenti del movimento comunista
è uno strumento fondamentale del suo sviluppo. Le forme di questa lotta sono
però certamente un problema a cui non abbiamo ancora dato una risposta chiara.
Se è vero che per
unirsi occorre definirsi con chiarezza, è altrettanto vero che in 40 anni di
“definizione” (cioè di divisione del giusto dallo sbagliato) il movimento
comunista, in particolare quello dei paesi imperialisti, si trova oggi senza un
partito comunista rivoluzionario e legato alle masse e senza una teoria unitaria e prevalente. Non è la necessità di definirsi
che va messa in discussione, bensì il processo attraverso il quale abbiamo
supposto che dovesse procedere la definizione del nostro impianto teorico quale
guida della pratica. In questo processo abbiamo privilegiato costantemente la
divisione e posto costantemente in secondo piano l’unità; abbiamo trattato in
modo sbagliato il rapporto dialettico tra questi due elementi: lo dimostrano i
risultati, al di là di ogni arzigogolata obiezione.
Nel nostro paese,
che conta oltre 60 milioni di abitanti, di cui 22 milioni sono lavoratori e tra
essi 7 milioni sono operai, l’attuale movimento comunista è composto da qualche
decina di organizzazioni che contano complessivamente forse meno di 1000
militanti effettivi, divisi tra loro e raramente capaci di unire le rispettive
forze in iniziative comuni ed efficaci, per non parlare della capacità di
unirsi in un unico partito comunista.
Non è questo un
piagnisteo sulla nostra miseria, è una constatazione concreta che vuole rompere con l’autoesaltazione astratta e fare i conti
con i limiti per superarli. Non conta se il bicchiere è mezzo pieno o mezzo
vuoto: quello che conta è che dobbiamo riempirlo!
Gli operai e i
lavoratori che si arrabattano contro gli attacchi sempre più intensi da parte
dei padroni, ci guardano più delusi che persuasi: riconquistare la loro fiducia
è e sarà un’opera lunga e difficile. Mentre oggi questi operai e questi lavoratori
hanno bisogno di un sostegno concreto ed efficace. Le loro lotte, nonostante
siano ancora sviluppate principalmente sotto la direzione di forze legate o
comunque ancora troppo imbrigliate agli interessi della classe dei padroni,
sono il terreno ricco di insegnamenti da cui possiamo ricavare la via giusta
per il superamento anche della nostra divisione.
Ovunque l’attacco
dei padroni contro gli operai e i lavoratori provoca una crescente incertezza
per il futuro, la perdita del lavoro, l’impossibilità di ricavare per sé e per
la propria famiglia quanto necessario per vivere. La risposta a questo attacco
va crescendo anche nel nostro paese. Gli operai e i lavoratori di decine di
aziende si mobilitano in difesa del posto e delle condizioni di lavoro. Su
questo terreno numerosi compagni si mobilitano in solidarietà con coloro che vengono
colpiti. Questo è un terreno fondamentale per l’esperienza di lotta e per il
processo di unità delle forze rivoluzionarie che i comunisti devono favorire.
Il primo passo
che dobbiamo compiere è adottare un diverso processo di unificazione che ponga
al primo posto l’esperienza pratica di sviluppo del legame con le masse,
adottando i dati concreti ricavati dal bilancio di questa esperienza e la loro
analisi scientifica come elemento dimostrativo della giustezza o meno delle
linee applicate e puntando al superamento delle divisioni solo a
seguito - non a priori - dell’esperienza comune e del suo bilancio.
Diverse
organizzazioni del movimento comunista nel nostro paese (per fare alcuni esempi
citiamo Lotta e Unità, Rete dei Comunisti, Proletari Comunisti, Comunisti
Uniti, Piattaforma Comunista, Centro di Cultura e Documentazione Popolare,
ecc.) stanno trattando con un certo impegno il problema della nostra frammentazione.
Incontri, attività comuni, dibattiti tra diverse organizzazioni stanno creando un terreno favorevole
all’unificazione di quelle forze che, se pur su posizioni differenti, lavorano
per abbattere il capitalismo e costruire il socialismo.
A nostro avviso
questo processo deve svilupparsi e approfondirsi portandovi il più possibile
all’interno il confronto aperto sui risultati concreti del lavoro e del ruolo
svolto da noi comunisti 1. nel rapporto con le masse, 2. nel rafforzamento del
movimento comunista e in particolare nel processo di costruzione del partito,
3. nello spostamento dei rapporti di forza rispetto al nemico di classe.
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