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mercoledì 18 settembre 2013

Progetto per l’Unità dei Comunisti - Presentazione

[Comunicato diffuso via e-mail in aprile 2011]

Progetto per l’Unità dei Comunisti
Presentazione e note per il dibattito - Aprile 2011

La crisi attuale
Il mondo è sconvolto da una crisi economica che si va via via approfondendo ed estendendo ad ogni ambito della società. Dai crolli finanziari allo smantellamento e sconvolgimento dei processi di produzione, dalle crisi politiche dei vari paesi e delle relazioni internazionali alle crisi ideologiche e culturali. Ovunque avanza la guerra, la miseria, la distruzione e la morte per gran parte delle masse popolari; mentre una ristretta fetta dell’umanità vive nel lusso e nello spreco.
Ma il mondo è sconvolto anche da rivolte sempre più estese e profonde delle masse popolari. Praticamente in ogni parte del pianeta gli equilibri su cui si sono retti fino a ieri gli ordinamenti sociali esistenti si sono rotti. Nessuna classe sociale può continuare a vivere come è vissuta fino ad oggi, in particolare le classi sfruttate e oppresse sono costrette a trovare, anche con la forza, una via d’uscita dal progressivo peggioramento delle condizioni materiali, intellettuali e morali, di progressivo abbrutimento a cui l’ordinamento sociale dominante le costringe. Ma nemmeno la borghesia può dirigere la società come ha fatto fino ad oggi. La lotta al suo interno e soprattutto la sua lotta per tenere sottomesse le masse popolari le impongono di adottare misure diverse, più “estreme” per difendere i suoi interessi.
In sintesi il mondo è sconvolto da una grande crisi generale da cui usciremo solo con uno sconvolgimento altrettanto generale dei rapporti sociali esistenti. Esistono di fatto due strade possibili.
1.     La borghesia, per mezzo di guerre, saccheggi e distruzioni riesce ad eliminare una sufficiente quantità di capitale in eccesso; riesce ad imporre alle masse popolari sacrifici ben più gravi di quelli che già oggi impone e “rilancia” così l’economia verso un nuovo e rafforzato saccheggio. Per questa via ci troveremo in pochi anni al punto di partenza, con alle spalle un’era di lacrime e sangue subita dalle masse popolari di tutto il mondo.
2.     Il proletariato riesce a strappare la direzione della società alla borghesia ed impone un nuovo ordinamento sociale mirato al soddisfacimento dei bisogno dell’uomo e alla salvaguardia del pianeta.
In definitiva queste sono le due vie possibili. Il fatto che prevalga la prima o la seconda dipende dallo sviluppo della lotta di classe e dai passi avanti che le masse popolari, il proletariato e la classe operaia faranno, imparando dall’esperienza passata e trovando la via per imporre un ordinamento sociale che soddisfi gli interessi della stragrande maggioranza della popolazione.
Questa crisi generale non cesserà da sola, spontaneamente. Che il corso delle cose imbocchi l’una o l’altra via dipende in definitiva dallo sviluppo della lotta di classe e quindi dalle scelte delle forze in campo.
Questa crisi non è determinata dall’impossibilità oggettiva di produrre tutto ciò che serve all’umanità per vivere dignitosamente nel rispetto dello stesso pianeta: le conoscenze e le risorse necessarie a questo scopo ci sono in abbondanza e applicabili in ogni paese del mondo. Il problema è che nell’ambito della società capitalista, sotto la direzione della borghesia (due aspetti inscindibili) ogni attività produttiva e di trasformazione della realtà viene messa in campo se e solo se il capitalista, proprietario dei mezzi di produzione, ne ricava un profitto adeguato al capitale che ha investito.
Alla crisi attuale si è giunti a causa di una sovrapproduzione di capitale (in tutte le forme in cui esso si presenta: capitale finanziario, produttivo o merce): il capitale complessivamente esistente è di entità tale che se il plusvalore da esso estorto venisse tutto reinvestito nel processo produttivo non produrrebbe un profitto adeguato. La crisi generale è determinata infatti dall’impossibilità per i capitalisti di estrarre plusvalore in misura adeguata al capitale investito, cioè in misura tale che sia per loro conveniente continuare ad investirlo in cicli produttivi successivi.
Si è giunti a questa situazione non perché (come affermano alcuni) la popolazione mondiale “pretende” di consumare troppo, non perché al mondo esistono uomini buoni e onesti e uomini cattivi ed egoisti, bensì perché il meccanismo economico su cui si basa il funzionamento della società ha come fine ultimo la valorizzazione del capitale e non il soddisfacimento dei bisogni dell’uomo.
La valorizzazione del capitale è produzione di nuovo capitale che a sua volta deve valorizzarsi: un processo che non può portare ad altro che alla sovrapproduzione e quindi al ricorso alla distruzione di una parte sufficiente di quello che si è prodotto per poter ricominciare daccapo: un cane che si morde la coda.

La crisi e le masse popolari
Gli effetti che questa crisi ha per le masse popolari sono sotto gli occhi di tutti: disoccupazione, debiti, miseria, fame, immigrazione forzata, guerra e morte. I dati sulle condizioni di vita e di lavoro delle masse dimostrano ampliamente quanto l’analisi sintetica della crisi attuale che abbiamo qui sopra esposto sia un’analisi coerente, non a caso ormai condivisa, nei termini generali, non solo da tutto il movimento comunista, anticapitalista, antagonista, ecc. ma anche da una crescente fetta di economisti borghesi o comunque non certo rivoluzionari.
L’analisi delle condizioni delle masse e delle sue trasformazioni resta quindi un elemento fondamentale per comprendere lo sviluppo che esso può avere e la spinta positiva che noi comunisti possiamo imprimervi.
Le masse resistono come meglio possono alla crisi del sistema capitalista, si organizzano e lottano per ostacolare o rallentare i suoi effetti peggiori, ma l’unica soluzione efficace e duratura ai loro problemi è il superamento del sistema capitalista stesso.
Le lotte che le masse popolari stanno conducendo in varie parti del mondo sono importanti perché rallentano il processo di distruzione delle condizioni di vita che esse hanno conquistato nel passato; insegnano alle masse che è possibile opporsi ai loro sfruttatori e mostrano alle masse che la loro possibilità di vittoria sta nella loro stessa unione contro il nemico comune. Ma queste lotte sono ancora sporadiche, isolate, in molti casi poco efficaci e dai successi instabili.
Per diventare efficaci e dai successi duraturi le lotte delle masse popolari devono svilupparsi come vero e proprio processo che rivoluziona lo stato presente delle cose, ovvero che abbatte il sistema capitalista e ne costruisce uno fondato sul soddisfacimento dei bisogni delle masse stesse.
Un processo rivoluzionario di questo tipo necessita di una direzione cosciente e organizzata quale lo è stata nel recente passato il movimento comunista. Chiunque si ponga l’obiettivo di cambiare lo stato presente delle cose nell’interesse delle masse popolari, può ricavare insegnamenti importanti sia dai successi che dalle sconfitte di quell’esperienza.

Il ruolo dei comunisti
In ogni parte del mondo le masse popolari, i lavoratori, la classe operaia lottano per resistere alla crisi e ai suoi effetti devastanti, ma alla loro guida raramente troviamo i comunisti, come invece lo sono stati in gran parte del secolo scorso.
Il movimento comunista si è formato dalla stessa spinta propulsiva delle masse, si è costituito come avanguardia cosciente del movimento delle masse non solo per l’abbattimento dell’ordinamento sociale capitalista, ma anche per l’instaurazione di un nuovo ordinamento sociale: il socialismo e quindi il comunismo.
Il movimento comunista è quindi quel movimento cosciente e organizzato, strettamente legato alle masse e per questo in grado di guidarle nella loro lotta per emanciparsi dallo sfruttamento della borghesia, abbattere il suo sistema ingiusto e distruttivo e costruire il nuovo mondo.
Nella sua lunga lotta il movimento comunista ha ottenuto grandi successi e subito grandi sconfitte, proprio come è avvenuto per ogni grande movimento rivoluzionario della storia. Attualmente il movimento comunista nel suo complesso si trova in uno stato di arretratezza storica da cui deve riemergere. I segnali della sua ripresa ci sono, ma siamo solo agli inizi.
Il movimento comunista attuale è anche espressione della condizione delle masse popolari stesse: è frammentato e isolato; nonostante i grandi successi da esso ottenuti fino a 40 anni fa, oggi esso è debole ed inefficace. La stessa mancanza di legame con le masse di cui la maggior parte dei partiti e delle organizzazioni del movimento comunista oggi soffre è un ostacolo al superamento dei limiti ideologici e quindi organizzativi dei comunisti. L’isolamento del movimento comunista dalle masse impedisce che esso tragga dalle loro lotte i giusti insegnamenti per divenire ancora una volta capace di assumerne la direzione, di trasformare il movimento di resistenza e rivendicativo, che pure si va sviluppando in tutto il mondo, in un movimento rivoluzionario.
Tra le cause principali di questo stato del movimento comunista c’è il livello raggiunto dalla sua coscienza: è all’altezza dei problemi e dei compiti che la realtà pone di fronte ad esso? Stante il suo livello di sviluppo minimo e il suo legame limitato con le masse, la risposta è no.
Il superamento di questo limite non avverrà perché qualche mente “geniale” o illuminata scoprirà la ricetta magica. Avverrà invece attraverso un processo di unità e di lotta, di sintesi in unità superiore a cui ogni comunista, ogni organizzazione e ogni partito è chiamato a partecipare.
È necessario uno sforzo soggettivo, cosciente da parte di ogni componente del movimento comunista per unirsi in un’unica forza organizzata, in un unico partito comunista che sia insieme strumento di elaborazione teorica, strumento di organizzazione e strumento di lotta.
Ancora oggi le divisioni interne al movimento comunista riguardano aspetti specifici della concezione del mondo, del ruolo dei comunisti stessi e della via rivoluzionaria. Indubbiamente esistono teorie giuste e teorie sbagliate; teorie che se poste alla testa delle lotte delle masse popolari portano esse alla vittoria o alla sconfitta. La lotta ideologica tra le varie componenti del movimento comunista è uno strumento fondamentale del suo sviluppo. Le forme di questa lotta sono però certamente un problema a cui non abbiamo ancora dato una risposta chiara.
Se è vero che per unirsi occorre definirsi con chiarezza, è altrettanto vero che in 40 anni di “definizione” (cioè di divisione del giusto dallo sbagliato) il movimento comunista, in particolare quello dei paesi imperialisti, si trova oggi senza un partito comunista rivoluzionario e legato alle masse e senza una teoria unitaria e prevalente. Non è la necessità di definirsi che va messa in discussione, bensì il processo attraverso il quale abbiamo supposto che dovesse procedere la definizione del nostro impianto teorico quale guida della pratica. In questo processo abbiamo privilegiato costantemente la divisione e posto costantemente in secondo piano l’unità; abbiamo trattato in modo sbagliato il rapporto dialettico tra questi due elementi: lo dimostrano i risultati, al di là di ogni arzigogolata obiezione.
Nel nostro paese, che conta oltre 60 milioni di abitanti, di cui 22 milioni sono lavoratori e tra essi 7 milioni sono operai, l’attuale movimento comunista è composto da qualche decina di organizzazioni che contano complessivamente forse meno di 1000 militanti effettivi, divisi tra loro e raramente capaci di unire le rispettive forze in iniziative comuni ed efficaci, per non parlare della capacità di unirsi in un unico partito comunista.
Non è questo un piagnisteo sulla nostra miseria, è una constatazione concreta che vuole rompere con l’autoesaltazione astratta e fare i conti con i limiti per superarli. Non conta se il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto: quello che conta è che dobbiamo riempirlo!
Gli operai e i lavoratori che si arrabattano contro gli attacchi sempre più intensi da parte dei padroni, ci guardano più delusi che persuasi: riconquistare la loro fiducia è e sarà un’opera lunga e difficile. Mentre oggi questi operai e questi lavoratori hanno bisogno di un sostegno concreto ed efficace. Le loro lotte, nonostante siano ancora sviluppate principalmente sotto la direzione di forze legate o comunque ancora troppo imbrigliate agli interessi della classe dei padroni, sono il terreno ricco di insegnamenti da cui possiamo ricavare la via giusta per il superamento anche della nostra divisione.
Ovunque l’attacco dei padroni contro gli operai e i lavoratori provoca una crescente incertezza per il futuro, la perdita del lavoro, l’impossibilità di ricavare per sé e per la propria famiglia quanto necessario per vivere. La risposta a questo attacco va crescendo anche nel nostro paese. Gli operai e i lavoratori di decine di aziende si mobilitano in difesa del posto e delle condizioni di lavoro. Su questo terreno numerosi compagni si mobilitano in solidarietà con coloro che vengono colpiti. Questo è un terreno fondamentale per l’esperienza di lotta e per il processo di unità delle forze rivoluzionarie che i comunisti devono favorire.
Il primo passo che dobbiamo compiere è adottare un diverso processo di unificazione che ponga al primo posto l’esperienza pratica di sviluppo del legame con le masse, adottando i dati concreti ricavati dal bilancio di questa esperienza e la loro analisi scientifica come elemento dimostrativo della giustezza o meno delle linee applicate e puntando al superamento delle divisioni solo a seguito - non a priori - dell’esperienza comune e del suo bilancio.
Diverse organizzazioni del movimento comunista nel nostro paese (per fare alcuni esempi citiamo Lotta e Unità, Rete dei Comunisti, Proletari Comunisti, Comunisti Uniti, Piattaforma Comunista, Centro di Cultura e Documentazione Popolare, ecc.) stanno trattando con un certo impegno il problema della nostra frammentazione. Incontri, attività comuni, dibattiti tra diverse organizzazioni stanno creando un terreno favorevole all’unificazione di quelle forze che, se pur su posizioni differenti, lavorano per abbattere il capitalismo e costruire il socialismo.


A nostro avviso questo processo deve svilupparsi e approfondirsi portandovi il più possibile all’interno il confronto aperto sui risultati concreti del lavoro e del ruolo svolto da noi comunisti 1. nel rapporto con le masse, 2. nel rafforzamento del movimento comunista e in particolare nel processo di costruzione del partito, 3. nello spostamento dei rapporti di forza rispetto al nemico di classe.

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